(Il testo riportato non riveste carattere di
ufficialità)
MINISTERO DELLA ECONOMIA E DELLE FINANZE
AGENZIA DELLE ENTRATE
RISOLUZIONE
N. 32 del 31/01/2002
Oggetto:
Interpello n. 954-179/2001 -Articolo 11, legge 27 luglio 2000, n. 212.
Con istanza di interpello, inoltrata ai sensi
dell’articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, è stato chiesto il parere
della scrivente in merito alla questione di seguito rappresentata.
Esposizione
del quesito:
Il contribuente esercita l’attività professionale di
consulenza contabile e fiscale nella propria abitazione. Per lo svolgimento
dell’attività il contribuente non utilizza beni strumentali, né si avvale
dell’ausilio di collaboratori e/o dipendenti.
A tal proposito viene richiamata l’attenzione sulla
sentenza della Corte Costituzionale n. 156 del 21/5/2001, nella quale è stato
affermato che “nel caso di una attività professionale che fosse svolta in
assenza di elementi di organizzazione - il cui accertamento, in mancanza di
specifiche disposizioni normative, costituisce questione di mero fatto -
risulterà mancante il presupposto stesso dell’imposta sulle attività
produttive”. Il professionista chiede dunque se sia tenuto o meno al pagamento
dell’IRAP.
Soluzione
interpretativa prospettata dal contribuente: Il sig. “X” ritiene che, alla luce dell’interpretazione
dell’art. 3 del D.Lgs. 446/97 espressa dalla Consulta e in considerazione delle
modalità con cui nel caso specifico l’attività viene svolta, il proprio reddito
di lavoro autonomo non debba essere assoggettato ad IRAP.
PARERE DELL’AGENZIA DELL’ENTRATE
Con la sentenza n.156/2001 la Corte Costituzionale
si è pronunciata sulle questioni di legittimità costituzionale del decreto
legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, relativo all’istituzione dell’Imposta Regionale
sulle Attività Produttive (IRAP).
Le censure di incostituzionalità sollevate
concernevano, in particolare, l’equiparazione, che si realizza attraverso
l’indiscriminato assoggettamento all’IRAP, tra l’esercizio di arti e
professioni e l’attività d’impresa, e, per converso, la discriminazione delle
attività di lavoro autonomo “pure” rispetto a quelle di lavoro dipendente ed
alle attività assimilate al lavoro autonomo, di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 49
del TUIR, non assoggettate al tributo.
Inoltre, ulteriori censure riguardavano il possibile
contrasto con l’articolo 53 della Costituzione, collegato all’assunzione, quale
indice di capacità contributiva, del semplice esercizio di un’attività
organizzata per la produzione o lo scambio di beni e servizi.
Le eccezioni di incostituzionalità sollevate sono
state dichiarate infondate o inammissibili dalla Corte Costituzionale, che ha,
pertanto, confermato la legittimità di tutte le disposizioni contenute nel
decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e la loro piena rispondenza ai
principi costituzionali.
La Corte ha, inoltre, ribadito che l’IRAP è
un’imposta di carattere reale che colpisce il valore aggiunto prodotto dalle
attività autonomamente organizzate ed ha riconosciuto in tale valore aggiunto,
direttamente connesso all’elemento organizzativo, un idoneo indice di capacità
contributiva.
Ha dichiarato, in sostanza, pienamente conforme ai
principi di uguaglianza e di capacità contributiva l’assoggettamento
all’imposta in esame del valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente
organizzate, siano esse di carattere imprenditoriale o professionale, essendo,
in entrambi i casi, l’idoneità alla contribuzione ricollegabile alla nuova
ricchezza prodotta.
La Corte, inoltre, nel ritenere l’elemento organizzativo
connaturato alla nozione stessa di impresa, ha altresì precisato, con
riferimento all’attività di lavoro autonomo, che è possibile ipotizzare
un’attività professionale svolta in assenza di organizzazione di capitali o
lavoro altrui, condizione questa da verificare, in assenza di specifiche
disposizioni normative, in via di fatto.
Proprio da tale riferimento operato dalla Corte è
stata tratta la conclusione che alcune attività professionali debbano essere
escluse dall’IRAP, in quanto appunto, prive dell’elemento organizzativo.
Al riguardo la scrivente fa presente in via
preliminare che la Corte Costituzionale ha ritenuto infondate tutte le censure
di incostituzionalità sollevate e, pertanto, non possono ritenersi modificati i
presupposti soggettivi di applicazione del tributo indicati negli articoli 2 e
3 del decreto legislativo n. 446 del 1997, istitutivo dell’IRAP.
D’altra parte il requisito dell’autonoma
organizzazione, cui fa riferimento la Corte, è previsto dal vigente articolo 2
del citato decreto n. 446 del 1997. Tale disposizione individua, infatti, il
presupposto dell’imposta “...nell’esercizio abituale di un’attività
autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero
alla prestazione di servizi”
La disposizione in esame è già stata oggetto di
chiarimenti da parte di questa amministrazione, in particolare con la circolare
n. 141/E del 4 giugno 1998, nella quale è stato precisato che attraverso
l’utilizzo della locuzione “autonomamente organizzata” il legislatore ha inteso
perseguire l’obiettivo di escludere dall’ambito di applicazione del tributo
tutte quelle attività che, pur potendosi astrattamente ricondurre all’esercizio
di impresa, di arte o professione, non sono tuttavia esercitate mediante
un’organizzazione autonoma da parte del soggetto interessato.
A titolo esemplificativo la circolare n.141/E citava
le attività di collaborazione coordinata e continuativa, (disciplinate allora
dall’articolo 49, comma 2, lettera a) del TUIR nell’ambito degli altri redditi
di lavoro autonomo) che si configurano soltanto se per l’esercizio
dell’attività non vengono impiegati propri “mezzi organizzati”.
Nel quadro del giudizio di legittimità
costituzionale, l’interpretazione fornita con la circolare citata è stata
integralmente ripresa, a fondamento delle proprie argomentazioni,
dall’Avvocatura Generale dello Stato, la quale ha ribadito che il requisito
della autonoma organizzazione, richiesto tanto per l’imprenditore che per il
professionista è necessario per escludere dall’area di imponibilità del tributo
i lavoratori dipendenti e gli altri lavoratori autonomi di cui all’articolo 49,
comma 2 del TUIR.
Le argomentazioni sostenute dall’Avvocatura Generale
trovano sostanziale conferma nella posizione manifestata dalla Corte
Costituzionale che, nel giudicare infondata la lamentata discriminazione tra il
trattamento fiscale riservato ai lavoratori autonomi esercenti arti o
professioni, di cui all’articolo 49, comma 1 del TUIR, e gli altri lavoratori
autonomi indicati ai commi 2 e 3 dello stesso articolo, ha affermato che
“l’assoggettamento ad IRAP dei soli soggetti che svolgono attività di lavoro
autonomo per professione abituale, ancorché non esclusiva, trova fondamento in
una non irragionevole presunzione circa la mancanza del requisito dell’autonoma
organizzazione nelle diverse ipotesi previste dai commi 2 e 3 del menzionato
articolo 49, di lavoro autonomo occasionale o comunque non abituale”.
Con riferimento alla lamentata discriminazione delle
attività di lavoro autonomo rispetto a quelle di lavoro dipendente la Corte ha
inoltre affermato che “nessuna ingiustificata disparità di trattamento può
ravvisarsi nella inclusione tra i soggetti passivi dell’imposta dei lavoratori
autonomi - in quanto appunto esercenti attività autonomamente organizzate - e
non anche dei lavoratori dipendenti, la cui attività è per definizione priva
del connotato rappresentato dall’autonoma organizzazione”.
D’altro canto, da una lettura coordinata degli
articoli 2 (presupposto dell’imposta) e 3 (soggetti passivi) del decreto
legislativo n. 446 del 1997 risulta evidente che il requisito
dell’organizzazione connota le attività esercitate da tutti i soggetti passivi
indicati nell’articolo 3.
Tale articolo 3, infatti, dopo aver ribadito che
presupposto dell’imposta è l’esercizio di una attività autonomamente
organizzata recita “pertanto sono soggetti all’imposta:....c) le persone
fisiche, le società semplici e quelle ad esse equiparate a norma dell’articolo
5 comma 3, del predetto Testo Unico esercenti arti e professioni di cui
all’articolo 49, comma 1, del medesimo Testo Unico;.....”.
La formulazione utilizzata, in particolare
l’avverbio “pertanto”, evidenzia che l’elencazione dei soggetti passivi altro
non è che una esplicita indicazione delle ipotesi in cui viene esercitata
un’attività autonomamente organizzata.
La Consulta non ha, inoltre, ritenuto di dover
addivenire ad una sentenza interpretativa di rigetto, in quanto non ha
condizionato la legittimità del provvedimento alla circostanza che lo stessa
venga interpretato nei sensi resi palesi dalle motivazioni.
Non appare, quindi, condivisibile individuare nelle
motivazioni adottate dalla Corte dei nuovi criteri interpretativi di
applicazione dell’imposta.
Conformemente agli orientamenti espressi dalla
dottrina e dalla giurisprudenza, si deve ritenere, invece, che l’esistenza pur
minima del requisito dell’organizzazione sia una connotazione tipica del lavoro
autonomo, alla quale viene spesso fatto riferimento per differenziare tale
attività da quella di lavoro dipendente.
Le attività professionali svolte in assenza di una
pur minima organizzazione erano ravvisabili in quelle attività a contenuto
intrinsecamente artistico o professionale rese dai collaboratori coordinati e
continuativi. Trattasi di quelle attività che ai sensi dell’articolo 49, comma
2, lett. a), del TUIR, rimasto in vigore fino al 31 dicembre 2000, erano
qualificate quali attività a contenuto intrinsecamente artistico o
professionale, svolte senza impiego di mezzi propri.
La mancanza del requisito dell’organizzazione
autonoma si ravvisa, altresì, nelle attività di lavoro autonomo rese in via
occasionale e nelle altre attività di lavoro autonomo indicate nei commi 2 e 3
dell’articolo 49 del TUIR che, infatti, come le collaborazioni coordinate e
continuative, non realizzano la soggettività passiva per l’applicazione
dell’IRAP.
Per tali motivi la scrivente ritiene che nel caso
prospettato dall’istante, ancorché l’attività professionale sia esercitata
nella propria abitazione, senza l’impiego di beni strumentali, né con l’ausilio
di collaboratori e dipendenti, venga posta in essere di fatto una attività
professionale autonomamente organizzata che realizza, quindi, il presupposto
per l’applicazione dell’Imposta Regionale sulle Attività Produttive.
La risposta di cui alla presente risoluzione, sollecitata con istanza di interpello presentata alla Direzione regionale, viene resa dalla scrivente ai sensi dell'articolo 4, comma 1, ultimo periodo del D.M. 26 aprile 2001, n. 209.